con Roberta Misticone, Titti Nuzzolese
musiche Mariano Bellopede
costumi Fabiana Amato
scene Biennio Teatro ABA NA
autore Massimo Andrei
regia Peppe Miale
Novellista, giornalista, femminista ante litteram, in ogni caso straordinario precursore dell’emancipazione femminile, George Sand nel lontanissimo ottocento così si esprimeva sulla bellezza e le sue possibili declinazioni. È il tema, o se non altro lo strumentale epicentro delle azioni e dei pensieri di Valentina e Rosaria, protagoniste di Faccere di Massimo Andrei.
L’autore, in un brillante caleidoscopio di colori tinteggiati con battute freddure risate aneddoti oserei dire parole scappate ad una qualunque forma di riflessione, racconta di una possibile giornata di lavoro in un beauty center: le due protagoniste si interfacciano con clienti quotidianamente e disperatamente alla ricerca della lozione della crema del trattamento che possa iterare nel tempo la bellezza esteriore che sfiorisce, metafora fin troppo evidente di un tempo che sfugge e non potrà essere più vissuto. Quando poi dalla porta di ingresso al negozio si rarefano gli ingressi e le uscite, è inevitabile che le due condividano momenti di vita con un confronto tra loro che diviene sempre più vivido.
Confronto che si sospende in una apparente ferrea amicizia come è naturale che si stabilisca tra tutti coloro che trascorrono vicini gran parte della propria vita. Quante ore oggi lavoriamo? Le otto ore canoniche di una volta sono enormemente aumentate ed è naturale che chi forzatamente si frequenta diventa ben più di un collega di lavoro, che questo si possa desiderarlo o meno.
Lo spazio per la verità si restringe, e laddove lo spazio fisico dà la possibilità di interrompere la contiguità tra le due (una telefonata, un impegno da assolvere nel magazzino attiguo alla sala di ricevimento delle clienti, un messaggio da inviare nel retrobottega), ecco che ognuna di loro si disvela fino in fondo nella propria accezione sincera, ecco che Valentina o Rosaria dicono e affermano diversamente da ciò che hanno detto e affermato qualche istante prima. Ecco le “faccere”, l’altra faccia delle nostre due protagoniste.
Protagoniste che vendono ciò in cui non credono, che vivono rapporti con uomini che non amano, che financo vorrebbero essere altro da ciò che sono, ma che inconsciamente forse già detestano ciò che desidererebbero diventare. E allora, pur nella risolutezza che propongono quando affermano la forza delle loro idee o la concretezza delle azioni che presto sicuramente metteranno in atto, le rispettive fragilità si intravedono anche quando lo sguardo è tronfio e la schiena è dritta. È la malinconia che si impossessa di Vale e Rosy, quella malinconia che solo può avere chi ogni giorno, nel proprio piccolo tempio dedicato alla dea bellezza, osserva il tempo che scorre. Ma chissà, il tempo della malinconia è da sempre foriero del tempo della riflessione e delle scelte.
E da qualche parte, nel loro cuore e nella loro anima, tutte e due potrebbero avere imparato che, se la bellezza esteriore è casuale, la bellezza interiore è sempre una scelta. E che, per chiosare ancora con George Sand, “C’è un’unica felicità nella vita: amare ed essere amati”. Magari non da tuo marito, non dal tuo fidanzato, non dal tuo amante, non dai tuoi parenti più vicini, machissà, dalla tua collega di lavoro...
Speriamo!